Cortisonici

 

Da alcuni anni l’uso della terapia tramite iniezione intra-articolare di cortisone ha preso sempre più piede per una serie di ragioni: il farmaco iniettato localmente agisce proprio nella sede di infiammazione, viene assorbito molto poco per cui i suoi effetti a distanza sono praticamente nulli e in tal modo viene ridotto notevolmente l’uso di FANS per bocca.

I corticosteroidi sono una classe di composti ad azione anti-infiammatoria. È noto che le infiltrazioni intra-articolari di steroidi sono in grado di ridurre il numero di linfociti, macrofagi e mastociti e, di conseguenza, limitare la fagocitosi, il rilascio di enzimi litici e il rilascio di mediatori pro-infiammatori. In particolare, i corticosteroidi sono in grado di ridurre i livelli di interleuchina-1, leucotrieni e prostaglandine, i principali mediatori responsabili dei sintomi associati al processo flogistico (dolore, gonfiore, edema e calore).
L’azione dei corticosteroidi intra-articolari si esplica in tempi rapidi e permane da una a quattro settimane; il loro impiego è consigliato per brevi periodi nel trattamento di stati flogistici articolari e le principali linee guida suggeriscono di somministrarli non più di 3-4 volte l’anno per scongiurare il pericolo di danni cartilaginei legati ad un loro uso eccessivo e aspettare almeno 3-4 settimane fra un trattamento e l’altro. In commercio esiste un ampio numero di formulazioni a base di glucorticoidi per infiltrazioni intra-articolari. A seconda della solubilità della molecola, è possibile trovare formulazioni in forma di soluzione o di sospensione. La principale differenza tra questi due tipi di formulazioni risiede nel fatto che il tempo di permanenza articolare di glucocorticoidi poco solubili (utilizzati in sospensione) è più alto rispetto a quello di analoghi più solubili che vengono più facilmente eliminati dall’articolazione e quindi sono efficaci per tempi più brevi.
In tutti i casi, l’efficacia delle infiltrazioni passa attraverso l’effetto di piccole quantità di medicamento attivo che viene a contatto dei tessuti infiammatori e successivamente dalle cellule sinoviali prima di essere progressivamente assorbito dal sangue, e poi eliminato.

Sono tre i principi attivi maggiormente utilizzati in terapia infiltrativa:

 

– il triamcinolone acetonide, di facile somministrazione, utilizzabile in piccole quantità e quindi ideale per le piccole articolazioni. La formulazione Retard, utile per rilasciare grandi volumi, ha una durata d’effetto di circa 3 settimane.
– il metilprednisolone acetato ha un’azione 5 volte più potente rispetto all’idrocortisone e più prolungata essendo ancora attivo 40 giorni dopo l’infiltrazione intra-articolare. Il suo impiego può determinare dolori post-iniettivi più marcati rispetto al triamcinolone acetonide e, pertanto, è spesso disponibile in forma miscelata con un anestetico locale in dose fissa.
– l’idrocortisone, molto solubile, che ha la durata d’azione più breve tra i cortisonici citati; il suo impiego consigliabile nelle donne magre, a pelle scura, in cui vi sia il rischio di depigmentazione o di atrofia grassosa locale.

 Kenacort A 40mg 5 x 1ml RD

Le iniezioni di corticosteroidi o anestetici locali raramente  possono dare luogo a eventi secondari, che sono comunque transitori e di lieve entità. Pur non essendoci rischi specifici, per vari motivi è meglio evitare i trattamenti in corso di gravidanza e allattamento. Effetti secondari, comunque, sono sempre possibili, e si distinguono in due grandi categorie, locali e sistemici.

Effetti Collaterali locali

Nella maggior parte dei casi sono dovuti a iniezioni di dosi o volumi eccessivi o a intervalli troppo ravvicinati.
–  Aumento del dolore dopo l’iniezione: avviene di solito dopo un’iniezione nei tessuti molli e raramente dopo un’iniezione intrarticolare; sembra dovuta a un rapido assorbimento intracellulare di esteri microcristallini di corticosteroidi.
Atrofia sottocutanea e/o depigmentazione cutanea: questi fenomeni solitamente avvengono in caso di iniezioni superficiali, in pazienti a pelle scura.
Sanguinamento o ecchimosi: può avvenire nel sito di iniezione in soggetti trattati con anticoagulanti orali, acido acetilsalicilico, Fans con attività antipiastrinica significativa come il naprossene.
Calcificazione dei tessuti molli: è una possibile complicanza dell’iniezione dei corticosteroidi nelle articolazioni interfalangee artrosiche, forse per fuoruscita  dei cortisonici dovuta a un aumento della pressione intra-articolare. Tali calcificazioni non provocano per effetti deleteri.
Artropatia steroidea: è una possibile complicanza che è facilmente prevenibile avendo l’accortezza di distanziare le iniezioni di un intervallo di almeno 3 mesi.
Rotture e atrofie tendinee: le prime possono essere provocate dai corticosteroidi e sono prevenibili effettuando iniezioni peritendinee. Le seconde possono insorgere in caso soprattutto di iniezione di anestetici locali in modo troppo circoscritto; per questo viene consigliata la tecnica “a ventaglio”, che prevede cioè un movimento orizzontale dell’ago inserito con distribuzione del farmaco su un’area più ampia.
Infezione articolare: è una complicanza molto rara ma estremamente grave. Le cause sono poco chiare: potrebbero essere dovuta al trascinamento con l’ago di frammenti di pelle, oppure all’effetto immunosoppressivo dei cortisonici che favoriscono l’arrivo ematogeno dell’infezione da altri distretti. In ogni caso, questo tipo di infezione va riconosciuta subito. Elementi che inducono a sospettarla sono un gonfiore al sito d’iniezione, un aggravamento del dolore, la comparsa di febbre o di sintomi sistemici come cefalea e sudorazione, una disfunzione della parte affetta. In questi casi si impone un rapido ricovero ospedaliero dove l’aspirazione diagnostica del liquido intrarticolare e una coltura saranno fondamentili, dato che i segni alla Rm possono essere nulli in fase precoce. I germi più frequentemente coinvolti sono: S. aureus, E. coli, H. influenzae, M. tubercolosis. Tra i maggiori fattori di rischio vanno ricordati la presenza di protesi, le neoplasie ematologiche, una terapia corticosteroidea per via orale in atto, la presenza di diabete.

Effetti sistemici

Sono tutti molto rari e la loro gravità è estremamente variabile.
Vampata vasomotoria al viso: interessa al massimo il 5% dei pazienti ed è il più frequente disturbo sistemico; dura al massimo 1 o 2 giorni.
Perdita del controllo diabetico: in caso di iniezioni di corticosteroidi, si può avere un transitorio innalzamento della glicemia per una settimana circa. Bisogna avvertirne il paziente e il curante.
Irregolarità mestruali: il meccansimo attraverso cui si manifesta questo disturbo non è noto.
Soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisario: può aversi dopo un’iniezione intrarticolare o intramuscolare di corticosteroidi, ma solitamente non determina conseguenze cliniche significative.
Caduta significativa dei livelli ematici di Proteina C Reattiva e della Velocità di Eritro-Sedimentazione: questi parametri, indicativi della risposta al trattamento in caso di artrite infiammatoria, possono ridursi stabilmente per 6 mesi dopo iniezione intrarticolare di cortisonici. Occorre pertanto tenerne conto ed eventualmente avvertire il paziente e il curante.
Anafilassi: reazioni gravi agli anestetici locali sono rare ma possono essere letali e vanno trattate subito con iniezione intramuscolare di adrenalina. Quelle ai cortisonici locali sono possibili ma spesso sono dovute agli stabilizzatori con cui sono miscelati nella siringa.